È passato del tempo dall'ultima importante impennata del petrolio nell'estate del 2022, ma dopo una precipitosa correzione all'inizio del 2023, la risorsa energetica ha tranquillamente ma costantemente guadagnato terreno in un contesto di tagli alla produzione, incertezza geopolitica e aumento della domanda industriale. Brent, per esempio, è salito di quasi il 25% rispetto a dodici mesi fa e ora si trova a 85,21$/barile (18/06/2024), dopo aver brevemente superato i 90$/barile in aprile quando le tensioni fra Iran e Israele raggiunsero il loro apice. Con il greggio che ha ora interrotto una striscia negativa di tre settimane per salire quasi del 5% nella sola settimana scorsa, gli investitori stanno cominciando a chiedersi se il Brent ha il potenziale di spingersi oltre 90$/barile nelle prossime settimane e mesi.
Al di là dei commenti positivi della Fed che molti hanno interpretato come segnale di un imminente taglio dei tassi a settembre, la stagione degli esodi estivi è alle porte e la domanda industriale, in particolare in Cina, rimane alta. Oltre a ciò, l'OPEC+ ha deciso di estendere i tagli volontari alla produzione fino al 2025. Con questi fattori e la tensione geopolitica nella regione, gli investitori faranno bene a contare sul rincaro del petrolio nella seconda metà dell'anno? In questo articolo ci occuperemo di quello che riteniamo saranno i principali fattori d'influenza sui prezzi del petrolio nella seconda metà del 2024 e cercheremo di capire dove il mercato potrebbe dirigersi.
Tutto bene sul fronte nazionale
Le osservazioni fatte dal presidente della Federal Reserve di New York John Williams a far intendere che un cambiamento di politica della banca centrale potrebbe essere imminente sono senza dubbio all'origine di una parte dei guadagni del greggio di questa settimana. Alla domanda se prevedeva un taglio dei tassi a settembre, Williams ha risposto: "Penso che le cose si stiano muovendo nella giusta direzione". Anche se si è rifiutato d'impegnarsi per una data precisa, è opinione diffusa che il mercato del lavoro relativamente forte e l'inflazione stabile saranno sufficienti per consentire il tanto atteso cambiamento nella politica prima della fine dell'anno. Ciò faciliterà, a sua volta, l'attività delle imprese, compresa la produzione manifatturiera e industriale, portando assiomaticamente all'incremento della domanda di petrolio, con conseguente aumento dei prezzi.
Inoltre, l'aumento naturale della domanda per stagione degli esodi estivi dovrebbe essere esacerbato dall'aumento delle vacanze all'interno dei confini nazionali in Occidente. Secondo gli analisti intervistati da Reuters, la settimana scorsa le riserve statunitensi di greggio sarebbero diminuite di 2,3 milioni di barili. L'American Petroleum Institute pubblicherà il suo ultimo rapporto sulle riserve nazionali del petrolio giovedì pomeriggio, ma se i numeri saranno in linea con le previsioni, rappresenterebbe un altro chiaro fattore di crescita in tutto il paniere dei greggi statunitensi. Mentre questo può rappresentare solo un fattore temporaneo, se combinato con la conferma di un taglio del tasso da parte della Fed, potrebbe essere sufficiente per spingere il Brent sopra i 90$/barile.
Non dimenticare l'OPEC
Al di là delle naturali forze di mercato e della politica delle banche centrali, vi sono diversi altri fattori estremamente difficili da valutare ma che hanno un forte impatto sui prezzi del petrolio. Non sorprende che uno dei più potenti fattori del mercato mondiale del petrolio sia l'OPEC+. Il cartello dei principali paesi produttori di petrolio guidato dai sauditi influenza i prezzi attraverso tagli alla produzione da almeno due anni. Attualmente gli Stati membri dell'OPEC+ limitano volontariamente la produzione per un totale di 5,86 milioni di barili al giorno (circa il 5,7% della domanda globale complessiva). Di questi, 2,2 milioni di barili al giorno scadevano alla fine di questo mese, mentre il resto doveva scadere alla fine del 2024.
Poi, domenica scorsa (16/06) il cartello ha accettato di prolungare i tagli di 3,66 milioni di barili al giorno fino alla fine del 2025 ed estendere il 2,2 milioni di barili al giorno per altri tre mesi fino alla fine di settembre 2024. L'effetto previsto sarà che i prezzi saranno sostenuti ai livelli attuali, anche se è possibile che la limitazione artificiale dell'offerta possa spingere i prezzi del greggio al di sopra dei livelli di resistenza locali se la domanda continua ad aumentare, le riserve si esauriscono e i tagli dei tassi della Fed si concretizzano prima del previsto.
Tuttavia, come ha detto il ministro saudita per l'Energia, il principe Abdulaziz bin Salman, "[OPEC+] è in attesa che i tassi di interesse scendano e di una traiettoria migliore della crescita economica... non sprazzi di crescita qua e là", a suggerire che il cartello sia pronto a ridurre i tagli se emergono altri fattori a supporto dei prezzi.
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