Molte persone in Europa sono rimaste scioccate dalla storica parità raggiunta tra il dollaro USA e l'euro alla fine dello scorso anno. È stata certamente una sorpresa, ma relativamente di breve durata, e i prezzi si sono presto riequilibrati. Sfortunatamente, per il popolo giapponese, i problemi valutari sembrano andare di male in peggio. Per mettere le cose in prospettiva, la debacle della parità USD/EUR ha rappresentato un deprezzamento solamente del 15% circa per la moneta unica europea, mentre dal 2020 lo yen ha perso ben oltre il 30% del suo valore rispetto al biglietto verde, e oltre la metà dal 2012.
Un tempo, lo yen era visto come un rifugio sicuro paragonabile al dollaro, ma quei tempi sono ormai lontani. I fattori dietro al calo della valuta giapponese sono numerosi: da un settore industriale in declino a una popolazione che invecchia fino a, non ultima, una politica monetaria ultra-accomodante ora in contrasto con praticamente l'intero mondo sviluppato.
Mentre ci avviciniamo all'ultimo trimestre dell'anno, l'intera regione dell'Asia-Pacifico appare sul filo del rasoio, con crescenti tensioni a Taiwan e nel Mar Cinese Meridionale che minacciano di far precipitare la regione in un conflitto su vasta scala. E anche se non siamo ancora allo stesso livello dell'Europa o del Medio Oriente, questo rimane un ulteriore rischio per la stabilità nella regione. Ma ciò che la maggior parte degli investitori e della gente comune in Giappone si sta chiedendo in questo momento è dove sia il minimo per lo yen e quali saranno le implicazioni diffuse della sua enorme svalutazione.
Un delicato equilibrio
Una valuta nazionale più debole è un'arma a doppio taglio, ma non necessariamente uno stigma in termini macroeconomici. Se uno yen a buon mercato rende i beni e le materie prime denominati in dollari molto più costosi per i giapponesi, è anche vero che rende i loro beni molto più attraenti per gli altri paesi. Dopo una ripresa post-pandemia inizialmente robusta, di recente i dati del PIL giapponese hanno vacillato: gli ultimi numeri del secondo trimestre mostrano una crescita più lenta del previsto di appena il 4,8%. Non solo i consumatori interni spendono meno, ma la ricaduta radioattiva di Fukushima continua a decimare le esportazioni di prodotti ittici del paese, un settore da 2,6 miliardi di dollari.
Dopo che la Tokyo Electric Power ha scaricato acqua radioattiva nell'Oceano Pacifico, il PCC ha rafforzato le restrizioni sui frutti di mare, prima limitate alle prefetture in prossimità di Fukushima, ora estese a un divieto generale su tutti i frutti di mare giapponesi. Poiché la Cina è di gran lunga il più grande importatore di frutti di mare giapponesi, l'impatto del divieto è stato molto sentito in Giappone. Tuttavia, nei mesi a venire uno yen estremamente debole potrebbe venire in soccorso dell'economia giapponese; le esportazioni del paese, infatti, diventano sempre più competitive a livello globale.
E non vale solo per i frutti di mare. Con il crollo dei prezzi in dollari, i prodotti giapponesi di tutte le categorie diventano sempre più attraenti per i consumatori di tutto il mondo. Naturalmente, alla fine si deve trovare un equilibrio, ma se lo yen rimane sopra i 140, sarà un bene per la produzione economica del paese.
Troppo morbida o solo equilibrata?
Non è un segreto che la politica della Banca del Giappone sia stata fra le politiche più accomodanti delle banche centrali e abbia mantenuto tale posizione per molto più tempo di molte controparti in tutto il mondo. In effetti, i tassi di interesse giapponesi sono stabili intorno allo 0% da 25 anni a questa parte, entrando persino in territorio negativo nel 2016. In effetti, il tasso base della Banca del Giappone si attesta ancora a -0,1% in un momento in cui la maggior parte del resto del mondo è intorno, se non oltre, il 5%; questo significa che i consumatori giapponesi perdono effettivamente denaro su qualsiasi risparmio.
Ironia della sorte, l'inflazione nell'economia asiatica è di gran lunga inferiore a quella europea. Anche se la BOJ sta rivedendo al rialzo la proiezione iniziale fino a marzo per l'anno 2024 dal 2,5% al 3%, si tratta di un valore comunque molto più vicino all'obiettivo del 2% rispetto a molti paesi dell'UE, dove si osservano tassi annuali fino al 10%. Ciò significa naturalmente che la banca centrale giapponese ritiene di avere abbastanza margine di manovra in termini di indicatori macroeconomici per mantenere la sua politica ultra-accomodante, ed è innegabile che stia funzionando, data la pressione sui prezzi in tutto il mondo.
Tuttavia, con l'aumento dei rendimenti degli asset denominati in euro e in dollari, questo non potrà che tradursi in un aumento dei prezzi in yen. Il petrolio, ad esempio, diventerà esponenzialmente più costoso per le imprese giapponesi, e questo probabilmente avrà un effetto a catena sull'inflazione nel paese asiatico. Con questo in mente, sarebbe saggio aspettarsi che alla fine la Banca del Giappone aumenti i tassi nel tentativo di sostenere USD/JPY o quantomeno prevenire ulteriori aumenti.
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