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Il 78% dei conti degli investitori retail perde denaro quando scambia CFD con questo fornitore.

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Il declassamento del rating degli Stati Uniti ha conseguenze di vasta portata

Fri, 08/11/2023 - 12:04

La notizia della settimana scorsa in merito alla decisione dell'agenzia di rating Fitch di togliere agli Stati Uniti il rating AAA ha avuto l'effetto di un terremoto. Per oltre un secolo, gli Stati Uniti sono stati uno dei debitori prediletti da molte grandi istituzioni finanziarie in virtù di un'economia forte, stabile e di grandi dimensioni. Tuttavia, in un recente rapporto Fitch  ha sostenuto che "il declassamento del rating degli Stati Uniti riflette il deterioramento di bilancio previsto per i prossimi tre anni, un debito pubblico elevato e sempre più pesante e l'erosione governativa".

Il Segretario del Tesoro degli Stati Uniti Janet Yellen, nel frattempo, ha definito la decisione come "arbitraria", in quanto basata su "dati obsoleti". Per come la si veda, è innegabile che negli ultimi mesi gli Stati Uniti abbiano mostrato un'insolita debolezza. In primo luogo, abbiamo assistito al crollo di diverse grandi banche. Poi, a giugno è stato raggiunto l'accordo bipartisan per innalzare il limite del debito a 31.000 miliardi di dollari fino al gennaio 2025, con gli Stati Uniti vicini all'inadempimento degli impegni esistenti.

Ora, un'altra agenzia di rating, Moody's, ha deciso di declassare 10 banche statunitensi di medie dimensioni e ha posto sei giganti bancari, compresa la Banca di New York Mellon (BK.N), U.S. Bancorp (USB.N), State Street (STT.N) eTruist Financial (TFC.N) sotto osservazione in vista di un possibile declassamento. La risposta da parte dei mercati è stata immediata: tutti e tre i principali indici statunitensi hanno registrato un'ondata di vendite. Il Dow Jones Industrial Average (DJIA) è sceso dello 0,45% a 35.314.49, lo S&P 500 (SPX) ha perso lo 0,42% scivolando a 4.499,38 e il composito Nasdaq Composite (IXIC) è sceso dello 0,79% attestandosi a 13.884,32. Anche se potrebbe non sembrare molto apparentemente, è possibile si tratti solo della punta dell'iceberg. Un crescente senso d'incertezza e di preoccupazione si sta diffondendo nel mercato statunitense e, per estensione, nel mondo. I trader e gli investitori sono comprensibilmente preoccupati e desiderosi di comprendere ciò che il futuro potrebbe serbare per il loro capitale. 

Titoli azionari

A parte il calo iniziale che ci si attende dopo uno sviluppo senza precedenti, le prospettive a più lungo termine per le azioni statunitensi sono a dir poco cupe. Sia l'indice S&P 500 che il Nasdaq 100 sono saliti e scesi tutto l'anno per archiviare soltanto un guadagno medio del 6% dall'agosto 2022. Questo movimento laterale descrive una questione più ampia che ha impedito ai titoli azionari di acquisire un qualsiasi tipo di trazione dopo il crollo post-pandemico della fine del 2021. Uno dei principali fattori all'origine di questa incertezza è stata l'inflazione sopra l'obiettivo che ha afflitto sia gli Stati Uniti che il resto del mondo. Con i trader in attesa degli ultimi dati sull'inflazione degli Stati Uniti di giovedì (10/08), erano previsti ulteriori cali. Secondo gli analisti di Reuters, nel mese di luglio i prezzi al consumo avrebbero registrato un incremento del 3,3% su base annua, in aumento rispetto al 3% di giugno. Si tratterrebbe della prima accelerazione dell'inflazione dal giugno 2022 e potrebbe creare problemi per i titoli azionari già vacillanti. 

Treasury sotto terra

Ironia della sorte, nonostante il declassamento del credito dei titoli Tesoro degli Stati Uniti, i rendimenti obbligazionari hanno effettivamente superato le aspettative di molti analisti. In effetti, sembra che peggiori sono le prospettive per le azioni, migliori i rendimento dei Treasure. Infatti, i dati di BofA Global Research hanno mostrato che la massima correlazione negativa nel mese singolo dal 2000 tra gli S&P 500 e il rendimento degli T-note a 10 anni, il che significa che i due asset si stanno ancora una volta muovendo bruscamente in direzioni opposte. Al livello attuale di 4,003, il titolo a 10 anni è in realtà in rialzo di quasi il 10% su base mensile, un valore che, a prima vista, sembra illogico alla luce delle difficoltà nel rating degli Stati Uniti. 

Tuttavia, se torniamo all'aumento dell'inflazione, il quadro diventa molto più chiaro. In concomitanza con la ferma posizione della Federal Reserve sui futuri tagli dei tassi — che non escludono affatto eventuali riduzioni quest'anno — l'ipotesi sui titoli di Stato si rafforza. E con la stagnazione del mercato azionario, i titoli T-notes offrono un rifugio relativamente sicuro per il capitale degli investitori a medio termine. Inoltre, i titoli del Tesoro a 2 e 5 anni offrono rendimenti ancora più attraenti (rispettivamente 4,80% e 4,13%), che li rendono particolarmente attraenti per gli investitori avversi al rischio che cercano di uscire indenni dalle turbolenze.

Impossibile invertire la rotta

La prospettiva di conservare la maggior parte del loro capitale in contanti o obbligazioni rappresenta l'ultima ignobile opzione per molti rialzisti a oltranza. In situazioni come queste, chi è propenso al rischio in genere è portato a rivolgere lo sguardo a regioni a bassa correlazione, come la Cina, per far fruttare il proprio denaro. Purtroppo, però, anche questi mercati hanno avvertito l'impatto delle recenti turbolenze. Al di là dell'effetto contagio del declassamento del credito statunitense, il mercato azionario cinese ha i suoi problemi profondamente radicati. Le notizie sui prezzi al consumo in Cina scesi a luglio in territorio negativo per la prima volta in 28 mesi hanno innescato ulteriori vendite sui mercati azionari cinesi e di Hong Kong. Mercoledì (09/08) i mercati cinesi continentali hanno chiuso in ribasso, con il Shanghai Composite in calo dello 0,49% a 3.244,49 alla chiusura.

La componente Shenzhen, nel frattempo, è scesa dello 0,53% per chiudere la giornata a 11.039,45, mentre l'indice Hang Seng di Hong Kong era appena sopra l'invariato nella sua ultima ora di trading. Tutto questo dopo un anno torrido per l'ammiraglia Hang Seng, già in calo di oltre il 10% da inizio anno. Volendo essere ottimisti, questi minimi pluriennali potrebbero esser un buon affare per gli investitori a lungo termine, ma sembra che dovranno essere molto pazienti prima di ottenere rendimenti significativi.

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