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Avvertenza sul rischio: I CFD sono strumenti complessi e presentano l'elevato rischio di perdere denaro rapidamente per via della leva. L’85% dei conti degli investitori retail perde denaro quando scambia CFD con questo fornitore. Dovresti valutare se sei in possesso delle conoscenze sul funzionamento dei CFD e se puoi permetterti di affrontare l'elevato rischio di perdere i tuoi soldi. Clicca qui per leggere la nostra Informativa sul Rischio completa.

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Optimism Back in Stock(s)

Torna l'ottimismo in borsa in scia ai segnali positivi sulle trattative commerciali

Fri, 05/16/2025 - 10:53

Soprannominato "Giorno della Liberazione" da Donald Trump, il 2 aprile è stato una giornata nera per le borse statunitensi. Uno dei mercati rialzisti più longevi della storia sembrava destinato a concludersi non a causa di un'inflazione galoppante o di pressioni dal lato dell'offerta, ma piuttosto a causa della politica del governo statunitense. I dazi imposti hanno avuto un'ampia portata raggiungendo valori a tre cifre per alcune nazioni, con la Cina notoriamente colpita a un certo punto da imposte del 145%. Tra l'1 e il 4 aprile, in una sola settimana di contrattazioni l'S&P 500 e il Nasdaq 100 hanno perso tra il 10% e il 15%. Ma quello che sembrava un colpo devastante per le borse sembra essere stato dimenticato, e ora sia l'S&P 500 che il Nasdaq 100 hanno superato i livelli pre-dazi del 1° aprile, guadagnando oltre il 10% sul grafico mensile e raggiungendo rispettivamente quota 5.892,58 e 21.319,21.

Le ragioni di questa inversione di tendenza sono molteplici, dai progressi negli accordi commerciali e di pace in tutto il mondo dopo gli incontri cruciali di Ginevra e Istanbul, al cambiamento delle aspettative sulla politica monetaria interna. Tuttavia, la tripla minaccia di prezzi in aumento, incertezza occupazionale e calo della ricchezza nazionale potrebbe continuare a rappresentare un problema per gli asset a rischio elevato come le azioni. In questo articolo, cercheremo di valutare questi fattori centrali che influenzano i mercati azionari nel tentativo di indicare la possibile direzione dei mercati nel secondo semestre del 2025.

Stanchi di aspettare

Quando la Federal Reserve statunitense si è riunita mercoledì scorso, il 7 maggio, ha scelto per la terza volta consecutiva di mantenere i tassi di interesse invariati al 4,3%, nonostante le forti pressioni di Trump per ridurre i costi di finanziamento. Sin dalla fine dell'inflazione a due cifre, due anni fa, i mercati hanno atteso con ansia un ritorno completo alla politica monetaria dell'ultimo decennio, ma Powell è rimasto cauto in mezzo all'incertezza delle guerre commerciali e dei conflitti geopolitici. Sebbene sia difficile sostenere che le borse statunitensi siano stagnanti, un taglio dei tassi potrebbe essere proprio ciò che serve per sostenere uno dei più lunghi cicli rialzisti della storia.

Come molti avevano previsto, nel primo trimestre l'economia statunitense si è contratta dello 0,3%, a causa dell'impennata delle importazioni urgenti i vista della scadenza dei dazi che ha pesato sulla crescita. Per quanto razionale sia la spiegazione, lo spettro della recessione incombe ancora, e Powell presumibilmente farà tutto il possibile per evitare un secondo trimestre di crescita negativa in estate. In effetti, il presidente Trump ha già dichiarato che "la Fed deve abbassare i tassi", citando il calo dei prezzi al consumo dei beni di base e affermando che ritardare il taglio "non è giusto nei confronti dell'America". Nel frattempo, gli ultimi dati occupazionali mostrano che ad aprile i datori di lavoro privati hanno creato solo 62.000 posti di lavoro, esattamente la metà dell'aumento previsto di 124.000. Non si può fare a meno di pensare che la performance al di sotto degli obiettivi sia dell'economia che del mercato del lavoro eserciterà un'ulteriore pressione macroeconomica su Powell affinché tagli i tassi a giugno.

Tuttavia, lo strumento FedWatch del CME prevede una riduzione a giugno con una probabilità solo del 10%, ma questa situazione potrebbe presto cambiare se entro quella data verranno formalizzati altri importanti accordi commerciali. L'impatto positivo di un taglio dei tassi sui titoli azionari sarebbe particolarmente significativo, data l'attuale bassa probabilità e la performance generalmente positiva, anche in assenza di un ben noto catalizzatore della crescita come una politica monetaria accomodante.

Villaggio globale

La guerra commerciale di Trump non ha precedenti nell'era moderna, ma come al solito i dazi del Presidente sembrerebbero essere stati più una tattica negoziale che una proposta seria. A seguito di importanti colloqui svoltisi a Ginevra lo scorso fine settimana, gli Stati Uniti hanno accettato di ridurre i dazi sui prodotti cinesi da oltre il 100% al 30%, mentre le corrispettive tariffe della Cina sulle importazioni degli Stati Uniti scenderanno a solo il 10%. Entrambi i paesi hanno citato l'importanza de "le relazioni economiche e commerciali sostenibili, a lungo termine e reciprocamente vantaggiose", mentre la Cina si è impegnata a "sospendere o revocare" altre misure non tariffarie nei confronti degli Stati Uniti.

Lunedì 12 maggio, subito dopo la notizia, il Nasdaq Composite è balzato del 4,3%, mentre i titoli tecnologici di Mag Seven sono saliti di oltre il 20% rispetto al minimo di aprile di questa settimana. Anche i colloqui di pace a Istanbul e in Qatar nella settimana conclusasi il 18 maggio rappresentano uno sviluppo positivo per i mercati, con accordi negoziati per due dei più grandi conflitti regionali degli ultimi anni che probabilmente stimoleranno nuovi investimenti sia in Europa che in Medio Oriente. Questo avviene dopo che Stati Uniti e Regno Unito hanno annunciato uno storico accordo commerciale tra le due nazioni, che prevede l'esenzione da dazi su una quantità limitata di una serie di prodotti, dalla carne bovina alle automobili, dall'acciaio ai minerali.

Sebbene nulla sia stato ancora annunciato, si vocifera che un accordo tra Stati Uniti e India sia prossimo alla conclusione. Il nuovo Primo Ministro canadese, Matt Carney, ha sorprendentemente optato per evitare misure di ritorsione e mantenere i dazi sulle importazioni statunitensi "vicini allo zero", il che potrebbe significare che un accordo sia vicino alla conclusione prima della scadenza della moratoria di 90 giorni da parte degli Stati Uniti. Ciò si tradurrà naturalmente in un boom del commercio internazionale, con le aziende statunitensi che probabilmente ne trarranno i maggiori benefici.

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