Dopo un mercato ribassista piuttosto severo nel 2021-2022, le azioni statunitensi hanno goduto di un 2023 straordinariamente positivo, e questo nonostante tassi di interesse fra i più alti degli ultimi anni. Nonostante la Fed abbia alzato il tasso effettivo sui fondi dallo 0,33% a oltre il 5% nell’arco di soli 12 mesi, le azioni sono state in grado d'iniziare e terminare il 2023 ai massimi. L'S&P 500, il Nasdaq 100 e il Dow Jones Institutional Average hanno guadagnato rispettivamente oltre il 30%, 40% e 10%. E non erano solo gli alti tassi di interesse a spaventare gli investitori. Si è verificato un inasprimento dei disordini geopolitici e del clima d'incertezza economica in tutto il mondo. La propensione al rischio, tuttavia, è rimasta vivace e i grafici hanno continuato a salire anche nel 2024.
E ora che l’inflazione, un tempo galoppante, si sta finalmente avvicinando al fatidico obiettivo del 2%, si vocifera che la Fed si stia preparando ad annunciare tagli dei tassi nel corso dell’anno. La domanda che molti trader e investitori si pongono è se questo segnale tradizionalmente positivo per le azioni si tradurrà in un'estensione del mercato rialzista, o se invece le contraddizioni continueranno nel 2024. In questo articolo, esamineremo alcuni dei fattori principali per le azioni nel 2024 e oltre, mentre cerchiamo di anticipare i probabili movimenti del mercato nei prossimi mesi, cercando al tempo stesso di spiegare alcuni dei comportamenti non convenzionali che abbiamo osservato negli ultimi tempi.
Il prezzo è giusto!
Esiste una teoria ben nota e spesso ripetuta a pappagallo secondo cui il mercato azionario generalmente si muove molto in anticipo rispetto alle condizioni del mondo reale che normalmente spiegherebbero il suo comportamento, con gran parte dell'effetto di eventuali fattori futuri identificati già "prezzati". Nonostante possa sembrare un cliché, in questo caso gli aumenti apparentemente asimmetrici dei principali indici azionari insieme a tassi di interesse elevati (e addirittura in aumento) possono essere spiegati con questo fenomeno.
Mentre i tassi di interesse erano effettivamente superiori al 5% quando le azioni hanno iniziato la loro tendenza al rialzo nel gennaio 2023, il ritmo degli incrementi della Fed era sceso dallo 0,75% mensile a solo lo 0,25%. Inoltre, nei sei mesi precedenti l’inflazione era scesa di oltre il 3%, mentre Powell aveva lasciato intendere che, se questa tendenza positiva fosse continuata, l’autorità di regolamentazione statunitense sarebbe stata pronta a passare a una politica più accomodante. Come una sorta di profezia che si autoavvera, nei sei mesi successivi l’inflazione ha continuato a scendere al 3% senza alcun aumento significativo dei tassi da parte della Fed.
A giudicare dai persistenti guadagni sui mercati azionari che ne sono seguiti da allora, sembrerebbe che alcuni piccoli tagli dei tassi potrebbero già essere scontati, ma se il FOMC decidesse di tagliare ai livelli pre-pandemici, nei prossimi mesi potremmo vedere le azioni compiere movimenti al rialzo ancora più netti. Al contrario, il fallimento della Fed nel riportare i tassi al di sotto del 5% potrebbe probabilmente far vacillare i guadagni nei mercati azionari nel corso dell'anno.
Nessuna alternativa
Un fattore importante che molti non prendono in considerazione è che per gli investitori di oggi semplicemente non ci sono molte alternative alle azioni e agli indici. Che la situazione e il contesto del mercato siano generalmente favorevoli al rischio o meno è in gran parte irrilevante. Hanno un reddito disponibile da investire modesto e le azioni offrono il miglior equilibrio tra rischio e rendimento. Le criptovalute sono troppo volatili, gli asset a rendimento fisso offrono tassi inferiori all’inflazione e il settore immobiliare va oltre il loro budget. Un altro punto importante da notare è che, anche se gli interessi sui risparmi sono aumentati, continuano a malapena a tenere il passo con l’inflazione.
I titoli del Tesoro a breve termine offrono rendimenti molto più interessanti rispetto agli ultimi anni, ma per molti investitori un aumento dell’1% sopra l’inflazione semplicemente non fa la differenza, date le moderate somme a loro disposizione. In un contesto del genere, sono pochissimi gli strumenti che possono competere con le azioni, men che meno con indici e ETF, quando si tratta di rendimenti potenziali rispetto al rischio di perdita del capitale. Se prendiamo l’S&P 500, ad esempio, e lo osserviamo negli ultimi cinque anni (2018-2023), vediamo che ha reso oltre il 70%, e questo nonostante il crollo dovuto al COVID e il mercato ribassista del 2022. Naturalmente, chi avesse investito tutto al picco del 2021 non se la sarebbe cavata altrettanto bene, ma almeno non avrebbe perso nulla rispetto ai livelli odierni. Ciò non fa altro che sottolineare l’importanza della media del costo in dollari, una strategia che potenzialmente offre agli investitori le migliori possibilità di successo nel tempo.
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